EDITORIALE - QUESTA NAZIONE ODIA I POVERI

  • Tommaso Villa

Questa Nazione odia i poveri. Li vuole sempre più poveri e sempre più numerosi. Lo Stato non svolge più la funzione di ridistribuzione della ricchezza che si ammucchia sempre di più dove già ce n'è tanta e toglie a chi ha poco. Ecco un'analisi di Banca d'Italia.

La quota di famiglie italiane in condizione di povertà assoluta è salita dal 4 al 7,5 per cento tra il 2008 e il 2021, un periodo segnato dalla doppia recessione, dalla crisi da Covid-19 e dal recente shock inflazionistico. Fino al 2017 l’Italia, insieme alla Grecia, era l’unico paese dell’Unione europea privo di una forma di sostegno universale al reddito.

Nel 2018, è stato introdotto il ReI, poi sostituito nell’aprile del 2019 dall’RdC, che ha aumentato significativamente sia la platea di beneficiari sia gli importi medi erogati e impiegato risorse pari a circa tre volte quelle assorbite dal ReI. Nel 2023 il Governo è intervenuto nuovamente in materia e ha sostituito, dal 2024, l’RdC con un nuovo sussidio: l’AdI.

Attraverso il modello di microsimulazione statica della Banca d’Italia (BIMic), si stima che i requisiti anagrafici ed economici più restrittivi dell’AdI riducano la platea dei potenziali beneficiari da 2,1 a 1,2 milioni rispetto all’RdC; il calo interessa sia le famiglie italiane sia, nonostante l’allentamento del requisito di residenza, quelle di origine straniera. Il reddito disponibile delle famiglie nel primo decimo della distribuzione del reddito disponibile equivalente diminuisce in media di circa 1.300 euro annui (-11 per cento).

in termini di equità, l’AdI riduce sia l’incidenza della povertà assoluta sia la disuguaglianza misurata dall’indice di Gini del reddito disponibile equivalente rispetto all’ipotetica assenza di analoghi strumenti (rispettivamente, -0,6 e -0,4 punti percentuali), ma nel passaggio dall’RdC all’AdI risultano maggiori sia l’incidenza della povertà assoluta (di 0,8 punti) sia l’indice di Gini (di 0,4 punti). Allo stesso tempo, la minore copertura del nuovo trasferimento rispetto all’RdC riduce, nel primo quinto di reddito disponibile equivalente, il disincentivo monetario alla ricerca di un impiego.

Una risposta positiva dell’occupazione potrebbe attenuare o controbilanciare gli effetti negativi in termini redistributivi. Osservando le caratteristiche degli attuali percettori dell’RdC, almeno nel breve periodo, il percorso di (re)inserimento lavorativo non sarà tuttavia privo di difficoltà.