ENOGASTRONOMIA - C'ERA UNA VOLTA LA TROTA DEL LIRI

  • Tommaso Villa

Fino ad alcuni decenni fa, la trota era un pesce molto ambito e ricercato. Per gli abitanti della Valle del Liri, poi, la trota compariva spesso in tavola ed era un vanto per i pescatori locali pescarla e, quando era abbondante, regalarla ad amici e conoscenti. Molto apprezzata era (ed è ancora) la trota del Fibreno, sorella di quella del Liri, detta anche carpione del Fibreno (salmo fibreni), dall’occhio molto grande, le dimensioni piccole, il muso arrotondato e il sapore squisito.

Non sappiamo se la famiglia di Cicerone, che aveva una villa con terreni sul Fibreno, amasse le trote: forse Marco Tullio, da buon politico, preferiva cibi più robusti. Ne era ghiotto invece il papa Alessandro VI Borgia, le voleva sulla sua tavola e ne faceva dono ad amici e potenti.

“Dopo il prosciutto delle montagne di Fondi sono venute in tavola le trotelle del Liri. Bel fiume, il Liri. Sulle sue verdi rive molti dei vostri goumier sono caduti col viso nell’erba, sotto il fuoco delle mitragliatrici tedesche. Vi ricordate le trotelle del Liri? Sottili, argentee, con un lieve riflesso verde nelle delicate pinne di un argento più scuro, più antico.

Somigliano le trotelle del Liri, alle trotelle della Foresta Nera: alle Blauforellen del Neckar, il fiume dei poeti, il fiume di Holderlin, e a quelle del Titisee, e alle Blauforellen del Danubio a Donaueschingen, dove il Danubio ha le sorgenti.” Sono parole di Curzio Malaparte ne “La Pelle”. Quale elogio più spassionato e sincero questo pesce poteva ricevere? Era Malaparte un raffinato buongustaio. Non potevano perciò i nostri signori del passato non amare questo squisito pesce e, a volte, ne difendevano il possesso col coltello tra i denti (anche se il pesce non si mangia col coltello).