SANITA ' - RIDATECI L'INAM E IL NOSTRO DENTISTA

  • Tommaso Villa

Era il giorno 11 gennaio 1943 quando il Governo Mussolini istituì l’Ente di Mutualità Fascista. Per i lavoratori delle numerose fabbriche di Isola del Liri fu una conquista sociale, sanitaria. Nel corso degli anni l’ente cambiò denominazione fino a diventare Inam: Istituto Nazionale per l’Assicurazione sociale contro le malattie. Nel tratto iniziale di via Selva, su un terreno donato dalla famiglia Viscogliosi, l’Inam costruì un grandioso immobile (nella foto) che per decenni ha ospitato tanti servizi sanitari. Nel 1974 l’Inam fu sciolta. Ma, nell’immaginario collettivo la mutua è ancora operativa. In 40 anni di gestione del Servizio sanitario pubblico quella struttura è stata smantellata, penalizzata, ridimensionata. Tutto ciò è avvenuto mentre qualcuno costruiva le sue fortune elettorali, ora lasciate in eredità al principe, come amministratore dell’ex Usl FR7 di Sora. In questi 40 anni all’ex Inam è capitato di tutto e di peggio. Chiuso il laboratorio di analisi, chiusa la radiologia, persi tanti servizi., perse tante ore. Oggi ne vogliamo ricordare uno solo. Era ubicato al terzo piano, adesso completamente vuoto. Ogni ambulatorio aveva una propria sala d’aspetto. Nell’ultimo ambulatorio in fondo a destra c’era un “omone” sempre sorridente. Professionalmente molto capace. Accoglieva i figli degli operai, li accompagnava sulla sedia, li incoraggiava. A loro la paura restava ma si fidavano del dottor Savastano. Le sue otturazioni duravano una vita. Poi è arrivato l’ottimo dottor Monti. Ora non c’è più nessuno. Non c’è più neanche lo storico riunito. Non ci sono più quelle 38 ore, avete letto bene: 38 ore. Sarebbero state accorpate a Sora. Pochi se ne sono accorti. Ce ne occuperemo presto. Intanto smettetela di smantellare l’ex Inam, ridateci la Mutua e… il dentista per i figli degli operai, degli indigenti, dei poveri. In questo territorio e non solo qui, i denti non se li possono curare solo i ricchi e i loro figli. Se vi riesce, noi non ci crediamo, provate un po’ di vergogna.